La Nuvola Nera venne a ghermirmi.
Saio di raso, su cavallo di ferro.
Di notte, in silenzio, a fruscio
ti attraversa nel petto
e vedi e rivivi e capisci.
Allo strappo ovattato e forzato,
sfilato dal sonno, mi cingo
di un tuo sottile capello:
resisto, resiste, resisto.
Ho visto il nero, non il buio.
Il buio verrà: straziante.
Rendimi all’ora quell’oncia di luce
che il mio amore innocente ti regalò,
che la speranza di te volle accendere!
vista
rendimi l’amore che ti ho dato,
non il mio, però,
ma il tuo
e fammi nuovo
nello scambio del dono.
Si, va bene, lo so che è un po’ criptica, prometto che non lo faccio più.
Però in realtà (e sembrerà una contraddizione) sto descrivendo un sogno fatto, un reale sogno, (ossimoro?).
Sapete, descrivere sogni è veramente difficile, i miei poi!
Ci ho provato, come no!, ma dalla penna, neppure scuotendola e minacciandola, uscivano le necessarie parole, credo che avessero avuto paura pure loro.
Soprattutto udivo dalla penna proteste ‘vibrate’ contro la descrizione di Nuvola Nera, si proprio di ‘quella’ signora, che per un attimo mi aveva attraversato il petto e scompigliato i capelli col rivolo d’aria mossa al passaggio.
Cercherò di convincere la mia antica penna (è stilografica, sapete! eh si, regalatami dal mio maestro al termine della quinta elementare) a scrivere racconti, a non aver paura finché starà con me.
vista